Il tema dei Sacrifici Aztechi è uno dei più affascinanti quando si parla della storia del Sud America.
Contrariamente a quanto spesso si pensa, il sacrificio umano non era solo un raccapricciante vezzo di una cultura arretrata confrontata con quella europea del Cinquecento, ma rappresentava il cuore pulsante dell’universo mentale delle popolazioni mesoamericane. Bernardino de Sahagún, un frate francescano, aveva compreso perfettamente questo aspetto. La sua opera, “Historia general de las cosas de Nueva España”, dedicava i primi sei libri alle credenze e ai rituali religiosi e il settimo trattava interamente dell’astrologia praticata dalle popolazioni azteche.
Scritta tra il 1540 e il 1585, l’opera di Sahagún è un capolavoro di stile e ingegno. Essa è scritta su tre registri diversi: a sinistra in spagnolo castigliano, a destra in nahuatl trascritto con caratteri latini, e in alcune parti il testo è corredato da disegni in stile messicano, appresi dagli intellettuali aztechi che ancora erano presenti nella regione. Queste opere hanno immortalato la realtà mesoamericana, avvertita come minacciata dall’arrivo degli europei, permettendo agli storici moderni di comprendere, anche solo parzialmente, quella realtà.
Per affrontare il difficile compito di analizzare la religiosità azteca, Mardegan ha scelto di esaminare uno dei rituali più peculiari del calendario azteco: il Tlacaxipehualiztli. Questo rito, che si svolgeva durante il secondo mese dell’anno azteco, coincideva con l’equinozio di primavera ed era dedicato al dio Xipe Totec, divinità della rinascita e del passaggio dalla vita alla morte e viceversa. Secondo la mitologia, Xipe Totec si era tolto la pelle per offrirla come nutrimento all’umanità, simile al seme di mais che per germogliare deve perdere la sua scorza esterna.
La descrizione di Xipe Totec, fatta da Sahagún, lo ritrae con sandali, un copricapo sontuoso, un orecchino biforcuto in oro e uno scettro simbolo di potere. Tuttavia, osservando attentamente l’immagine, si notano due particolari inquietanti: il dio ha un braccio e gli arti inferiori di un colore diverso rispetto alla pelle delle altre parti del corpo, e una mano in più penzola lungo il fianco sinistro.
Il capitolo XVIII del primo tomo della “Historia general de las cosas de Nueva España” tratta appunto del dio chiamato Xipe Totec, noto come “lo scorticato”. Questa divinità era adorata dalle popolazioni lungo la costa del mare e le sue origini erano nel villaggio di Zapotlán, in Xalisco. Gli attribuivano diverse malattie, e durante la festa di Tlacaxipealiztli, nota come “scuoiamento di uomini”, veniva effettuato un gioco di cañas per ricreare una simulazione bellica. Una squadra si vestiva con pelli umane fresche e ancora rigate di sangue, rappresentando il dio Totec o simili a lui, e chiedevano elemosine alle persone nelle case visitate.
La descrizione di Sahagún offre una ricchezza di informazioni su Xipe Totec e il rituale ad esso associato, ma non fornisce dettagli chiari sui sacrifici umani. Per questo motivo, il testo di Juan de Tovar viene utilizzato per integrare le informazioni. Secondo Tovar, il rito si svolgeva all’alba del giorno della festa, e un uomo, scelto per impersonare Xipe Totec, veniva sacrificato e scuoiato insieme ad altre otto persone che impersonavano altre divinità. Le pelli delle vittime venivano poi tinte di giallo e indossate dai sacerdoti nelle danze rituali della cerimonia di Tozoztontl, tenuta il mese successivo.
Questi riti di sacrificio umano erano strettamente correlati al forte militarismo della società azteca. I nobili, considerati esseri simili agli dei, si vedevano come protettori del popolo e garanti della sua sicurezza. Il sacrificio delle vittime prigioniere dei conflitti militari era un modo per ricordare alla popolazione comune la superiorità della nobiltà e la gerarchia sociale stabilita. Inoltre, il militarismo era essenziale per l’economia della città di Tenochtitlan, poiché gli orti locali potevano soddisfare solo una piccola parte del fabbisogno alimentare. Pertanto, il controllo delle risorse esterne attraverso la vittoria militare era fondamentale per la sopravvivenza della città.
In conclusione, i riti di sacrificio aztechi avevano significati multipli e complessi. Oltre a essere un atto religioso, servivano a rafforzare la stabilità sociale e a perpetuare il potere della nobiltà. Essi rappresentavano una forma di propaganda che cementificava la gerarchia sociale e ricordava alla popolazione comune la loro dipendenza e obbedienza alla nobiltà.
No responses yet