A volte scordiamo che, mentre in Europa si faceva fatica a mettere insieme eserciti di poche migliaia di uomini, in Cina l‘Imperatore Yang (604-618) poteva permettersi di destinare 8 milioni di persone (più o meno la popolazione della penisola italica sotto l’Imperatore Augusto) alla costruzione di strade, dighe e altre opere civili e militari. Di conseguenza, anche il numero di soldati impiegabili in combattimento era enorme.
Nel sesto secolo, la Cina era divisa in varie entità statali, e fu per questo che, attorno all’anno 589, l’Imperatore Wen decise di riunificare ogni territorio cinese, dando vita alla dinastia Sùi. Wen aveva intenzione di espandere il territorio cinese e di supportare il buddismo, ovvero la religione dominante tra la popolazione. Molto presto uno degli obiettivi di Wen divenne l’espansionismo militare. Il Regno di Goguryeo, uno dei tre regni di Corea, divenne così un obiettivo concreto per l’espansione cinese.
Goguryeo vantava la maggiore estensione territoriale dei tre regni. L’imperatore Wen sapeva che si trattava di un regno florido, che era stato in grado di compiere attacchi anche in territorio cinese quando la Cina era ancora divisa in diverse fazioni. Nel 597, il re Pyeongwon compì una scorreria particolarmente violenta contro la Cina. Fu così che l’Imperatore Wen decise di passare al contrattacco, inviando il figlio Yang a capo di una forza complessiva di 300.000 uomini direttamente in Corea. Tuttavia, la spedizione fallì e l’esercito venne distrutto da un’improvvisa tempesta e successive malattie.
Yang, a capo della fallimentare spedizione, divenne poi il successivo Imperatore e mostrò sempre grande interesse per la conquista di nuovi territori, impegnando quindi buona parte delle risorse economiche dell’Impero per azioni militari. Nel frattempo, il re Yeongyang di Goguryeo stabilì rapporti sempre più stretti con Yami Qaghan, khan dei Turchi Orientali e possibile alleato in caso di nuova guerra contro la Cina.
A più di dieci anni dalla disastrosa spedizione voluta dal padre, l’Imperatore Yang iniziò i preparativi per una seconda invasione. Nel 611 venne promossa una leva militare di dimensioni assolutamente spropositate, con oltre 1.000.000 di soldati radunati solo a Pechino. La testa dell’enorme esercito partì nel 612, ma le retrovie arrivarono a destinazione solo diverse settimane dopo. È possibile che buona parte di quel numero fosse relativo a supporti logistici di varia natura, ma anche altre fonti ci parlano di più di un milione di soldati schierati insieme al personale di supporto, che insieme raggiungevano quota due milioni di truppe.
L’incertezza del numero totale delle truppe, forse proveniente proprio dai dati gonfiati degli storici della dinastia Tang, che soppiantò quella Sui, era legata al fatto che si voleva in qualche modo screditare i loro predecessori, sottolineandone le folli spese e i fallimenti militari dei loro imperatori. Dunque non un tentativo di glorificare il passato storico della Cina, bensì il contrario. In ogni caso, nonostante tali dubbi, parliamo di uno dei più grandi eserciti mai schierati in campo nella storia dell’umanità.
Il Regno di Goguryeo non poteva contare sugli stessi numeri, ma aveva una maggiore professionalità. Il re organizzava spesso parate ed esercitazioni per preparare il suo esercito alla guerra. L’esercito coreano era composto da circa 12.500 uomini, e la maggior parte di essi erano cavalieri.
Le zone strategiche del regno, come i ponti e i valichi, erano presidiate da fortezze e dalle unità militari dei governatori locali, ma anche alcune milizie private di signori feudali erano presenti sul territorio.
Complessivamente, in caso di mobilitazione generale, l’esercito di Goguryeo poteva contare su una forza di 300.000 uomini.
L’Imperatore Yang superò le difese di confine del regno coreano vicino al fiume Liao, ma trovò un avversario più strategico di lui, ovvero il sessantenne generale Eulji Mundeok. Probabilmente l’Imperatore, temporeggiando fino alla fine della stagione delle piogge, perse l’occasione giusta per un affondo mortale. Per diverso tempo infatti si limitò ad attaccare alcune città limitrofe con piccoli contingenti, e solo alla fine si diresse verso il fiume Yalu, sperando di incontrare il grosso dell’esercito coreano.
Mundeok si trovò a combattere con una grande disparità di forze, ma dimostrò di essere uno stratega astuto e adottò tattiche da guerrigliero. Prese l’esempio di Cùnctator, il generale romano che contrastò Annibale, attaccò infatti solo dove e quando voleva lui, cercando di allungare o tagliare la colonna dei rifornimenti.
La sua mossa più brillante e pericolosa fu quella di far passare circa 300.000 soldati cinesi a Pyongyang, per poi attaccarli da ogni lato e provocare il caos nella colonna nemica. La maggior parte delle vittime caddero nella folle ritirata, che si estese per centinaia di chilometri. Si dice che solo 2.700 cinesi sopravvissero alla battaglia.
Nonostante la pesante sconfitta, la dinastia Sui non abbandonò le sue mire su Goguryeo. Gli imperatori Wen e Yang avevano investito troppo nella loro impresa per lasciarla incompiuta. Tuttavia, invece di consolidare il confine con il regno coreano, Yang ignorò i malumori degli ambienti militari e attaccò altre due volte con risultati disastrosi.
Questa volta l’esercito di Yang fu funestato da continui ammutinamenti e defezioni, e non fu necessario uno scontro campale. I soldati cinesi non avevano alcuna intenzione di finire come i loro colleghi nella Battaglia del Salsu del 612. L’enorme sforzo economico sostenuto per le spedizioni militari, insieme a centinaia di migliaia di morti, portò la Dinastia Sùi al completo collasso. Prima di rimettere piede in Corea, la nuova Dinastia Tang aspettò fino al 645.
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